Manfredi Hohenstaufen Manfredi Hohenstaufen  ‎(I72)‎
Nome proprio: Manfredi
Cognome: Hohenstaufen

Sesso: MaschioMaschio
      

Nascita: 26 Febbraio 1232 38 Benevento
Morte: 26 Febbraio 1266 ‎(Età 34)‎
Fatti e Dettagli personali
Note

Note
Era figlio naturale di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia d'Agliano,sposata poco prima della sua morte, dall'imperatore rimasto vedovo di Isabella d'Inghilterra, e quindi pienamente legittimato, malgrado la Curia romana disconoscesse quel vincolo matrimoniale, mossa com'era dal suo profondo odio per la casa di Hohenstaufen. Studiò a Parigi e a Bologna; dal padre apprese l'amore per la poesia e per la scienza, amore che mantenne da re. Si narra che l'imperatore avesse avuto una particolare predilezione fra tutti i suoi figli verso Manfredi ed Enzo, entrambi nati da relazioni extra-coniugali.

Manfredi contrasse due matrimoni: con il primo, alla fine del 1248 o all'inizio del 1249‎[4]‎ sposò Beatrice di Savoia, figlia del conte Amedeo IV di Savoia e di Margherita di Borgogna; in seconde nozze, Il 2 giugno 1259 si unì con Elena Ducas Comneno, figlia del despota d'Epiro Michele II.

La corte fu itinerante, come nell'uso svevo, e il sovrano privilegiò come dimore il castello di Trani‎[5]‎, il palazzo di Lucera e quello di Foggia, in Capitanata, in quanto di fatto centri operativi e amministrativi istituiti da Federico II‎[6]‎, e soggiornò sovente presso il castello di San Gervasio in Basilicata, importante marescallia imperiale.

La reggenza in Sicilia

Sigillo di Manfredi
Manfredi, dopo la morte di Federico II avvenuta il 13 Dicembre 1250, ebbe per testamento feudi di essenziale importanza per il controllo della Puglia, regione resa centrale durante il regno di Federico; tra questi erano compresi il Principato di Taranto e le contee di Tricarico, Montescaglioso e Gravina, territori che coprivano vaste aree tra la fonte del fiume Bradano presso Lagopesole fino a Polignano sulla costa adriatica. Federico gli affidò inoltre la luogotenenza in Italia, in particolare quella del Regno di Sicilia, finché non fosse giunto l'erede legittimo, il fratellastro di Manfredi Corrado IV, che in quel momento era impegnato in Germania.

Il giovane sovrano si trovò in una situazione assai difficile per le molte ribellioni scoppiate nel Regno e fomentate da papa Innocenzo IV, il quale, secondo gli accordi di Melfi del 1059, era alto sovrano del Regno di Sicilia, quindi sotto il vassallaggio dalla Santa Sede. Manfredi agì con energia per ristabilire il dominio svevo e riuscì a ricondurre all'obbedienza varie città ribelli, ma non Napoli; in questa impresa fu aiutato dallo zio Galvano Lancia. Tentò anche di giungere a un accordo con Innocenzo IV, ma non arrivò a nulla ‎(si pensa che volesse farsi investire del Regno dal papa)‎.

Nell'ottobre 1251 Corrado scese in Italia e nel gennaio 1252 sbarcò a Siponto, proseguendo insieme al fratello nella pacificazione del regno. Nell'ottobre 1253 Napoli, infine, cadde nelle mani di Corrado, che ben presto era divenuto sospettoso e ostile verso Manfredi, il quale dovette rinunciare a tutti i feudi minori e accettare anche la diminuzione della sua autorità nel principato di Taranto. Il 21 maggio 1254 Corrado morì di malaria‎[9]‎, lasciando il figlio Corradino ‎(ancora bambino e rimasto in Germania)‎ sotto la tutela del papa e nominando governatore del regno il marchese Bertoldo di Hohenburg. Il reggente inviò un'ambasciata, di cui faceva parte anche Manfredi, a trattare con il pontefice ad Anagni. Il tentativo di abboccamento fallì e Bertoldo rinunciò alla carica, lasciando campo libero a Manfredi, che riprese il controllo del Regno di Sicilia. Dichiarato dal papa l'usurpatore di Napoli, Manfredi fu scomunicato nel luglio del 1254.

Lo scontro con il papato
Il papato, che continuava a non vedere di buon occhio l'insediamento della casa imperiale di Svevia nel Regno di Sicilia, si accinse a occupare il regno con un esercito, essendo quel territorio proprio vassallo, in quanto la casa di Svevia era erede degli Altavilla primi beneficiari della concessione del Regno. In questo contesto Manfredi si trovò subito in chiaro dissidio con il pontefice; grazie però alla fine abilità diplomatica ereditata dal padre, concluse con il pontefice un accordo, accettando l'occupazione pontificia con una semplice riserva dei diritti di Corradino e propri: fu assolto dalla scomunica, investito dal pontefice del principato di Taranto ‎(27 settembre 1254)‎ e degli altri suoi feudi e nominato vicario della Chiesa nella maggior parte del Regno. La Campania venne però occupata dalle truppe pontificie.

L'11 ottobre 1254, presso il ponte del fiume Verde ‎(l'attuale Liri)‎, a Ceprano, Manfredi prestò il servizio di stratore e il giuramento di fedeltà a Innocenzo IV.

La posizione di Manfredi divenne ancor più difficile in seguito all'uccisione, da parte dei suoi uomini, di Borrello d'Anglona, un barone protetto dalla Curia pontificia. Manfredi, non ritenendosi sicuro di fronte al papa, si recò in Puglia, a Lucera, ove si trovava la truppa della colonia saracena, ivi stanziata da Federico II. Una volta assicuratasi la loro fedeltà ‎(Manfredi fu anche in seguito chiamato Sultano di Lucera da Carlo d'Angiò, come riportato dalla Cronica di Giovanni Villani)‎, poté arruolare un ingente esercito e muovere guerra all'esercito pontificio, che sconfisse presso Foggia.

Nel dicembre 1254 morì papa Innocenzo IV e il conflitto proseguì sotto il comando del suo successore Alessandro IV, papa assai meno energico del suo predecessore, che pronunciò una nuova scomunica nei confronti dello svevo. Al papa non riuscì l'intento di arruolare i re d'Inghilterra e di Norvegia in una crociata contro gli Hohenstaufen; anzi la guerra procedette vantaggiosamente per Manfredi, che nel corso del 1257 sbaragliò l'esercito pontificio e domò le ribellioni interne, rimanendo in saldo possesso del regno, mentre dalla Germania il giovanissimo nipote Corradino gli conferiva ripetutamente i poteri vicariali. Roma stessa divenne ghibellina sotto il controllo del senatore bolognese Brancaleone degli Andalò e il papa fu costretto ‎(1257)‎ a trasferire la sede pontificia a Viterbo, dove morì quattro anni dopo.

Nel 1256 Manfredi fondò Manfredonia, nei pressi dell'antica Siponto: nei progetti del regnante, Manfredonia era stata designata a fungere da capitale della Puglia ‎("Apuliae Caput", dove per Apuliae si intendeva in quel tempo tutto il meridione continentale)‎ e importante centro per i traffici commerciali del Mediterraneo.

Diffusasi nel 1258, probabilmente per opera stessa di Manfredi, la voce della morte di Corradino, i prelati e i baroni del regno invitarono Manfredi a salire sul trono ed egli fu incoronato il 10 agosto nella cattedrale di Palermo, luogo per tradizione deputato alle incoronazioni e sepolture dei re di Sicilia, da Rinaldo Acquaviva, vescovo di Agrigento. Tale elezione non venne riconosciuta dal papa Alessandro IV, che ritenne pertanto Manfredi un usurpatore.

Il 2 giugno 1259 Manfredi, da poco vedovo di Beatrice di Savoia, sposò, in virtù di una serie di accordi diplomatici, con celebrazioni di grande sfarzo e solennità nel castello di Trani, Elena Ducas, figlia del despota d'Epiro Michele II e di Teodora Petralife.

Fra il 1258 e il 1260 la potenza di Manfredi, diventato ovunque capo della fazione ghibellina, si estese in tutta Italia. Il comune romano strinse un'alleanza con lui. In Toscana il partito ghibellino, capitanato dalla città di Siena, guidata da Farinata degli Uberti, ottenne una netta vittoria nella battaglia di Montaperti ‎(4 settembre 1260)‎ e divenne così, con l'ausilio delle sue truppe, padrone assoluto di Firenze. Anche in Italia settentrionale, dopo la catastrofe di Ezzelino III da Romano ‎(1259)‎, i ghibellini, rimasti assai forti, fecero capo a lui. Poté nominare vicari imperiali in Toscana, nel ducato di Spoleto, nella Marca anconitana, in Romagna e in Lombardia. Il suo dominio si estese anche in Epiro ‎(Grecia)‎, sulle terre portategli in dote dalla seconda moglie Elena Ducas; la sua potenza fu aumentata anche dal matrimonio della figlia Costanza con Pietro III d'Aragona ‎(1262)‎.

L'avvento degli Angioini e la fine

La battaglia di Benevento, miniatura da Grandes Chroniques de France ‎(BNF, FR 2813)‎
Eletto al soglio pontificio nella sede di Viterbo papa Urbano IV nel 1261, il pontefice scomunicò nuovamente Manfredi e cercò di assegnare il Regno di Sicilia a un sovrano più influenzabile dal papato. Quindi, in un primo tempo, Urbano IV tentò di vendere il regno a Riccardo di Cornovaglia, che vantava anche una discendenza normanna, e poi a suo nipote Edmondo, conte di Lancaster, ma senza successo. Nel 1263 riuscì, invece, a convincere Carlo I d'Angiò, fratello del re Luigi IX di Francia e "senza terra", a prendere Sicilia e Piemonte. Lo stesso papa avrebbe incoronato Carlo come re di Sicilia l'anno successivo: i Francesi d'Angiò venivano ufficialmente chiamati in Italia per una sorta di crociata nei confronti degli Svevi. Nello stesso anno 1264 moriva Urbano IV, al quale succedeva papa Clemente IV, che proseguì la politica anti-sveva e favorì ulteriormente lo scontro per mezzo degli Angioini.

Carlo giunse a Roma per mare, nel giugno 1265, sfuggendo alla flotta siciliana. Vano riuscì l'appello rivolto da Manfredi ai romani con un manifesto ‎(24 maggio)‎ in cui chiedeva di essere nominato imperatore da loro, quali detentori dell'autorità imperiale. L'esercito di Carlo nel dicembre 1265 penetrò per la Savoia e il Piemonte in Lombardia, ove la parte ghibellina non riuscì a opporre sufficiente resistenza, e di là per la Romagna giunse nell'Italia centrale e a Roma, ove Carlo fu incoronato re di Sicilia il 6 gennaio 1266. Mosse, quindi, verso il Mezzogiorno e poté entrare nel regno con poca difficoltà, dopo che le truppe di Manfredi avevano ceduto sul ponte sul Garigliano nei pressi di Ceprano.

La decisiva battaglia di Benevento avvenne il 26 febbraio 1266; le milizie siciliane e saracene, insieme alle tedesche, difesero strenuamente il loro re, mentre quelle italiane abbandonarono Manfredi, che morì combattendo con disperato valore. Riconosciutone il corpo, fu seppellito sul campo di battaglia sotto un mucchio di pietre e con lume spento, come gli eretici e gli scomunicati, su istigazione del vescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli ‎(Dante, Purgatorio, Canto III, versi 123-131)‎.

Successivamente, i popoli oppressi dal dominio angioino, scrive Saba Malaspina, con le lacrime agli occhi lo ricordavano così:

«O re Manfredi, non ti abbiamo conosciuto vivo; ora ti piangiamo estinto. Tu ci sembravi un lupo rapace fra le pecorelle di questo regno; ma da che per la nostra volubilità ed incostanza siamo caduti sotto il presente dominio, tanto da noi desiderato, ci accorgiamo infine, che tu eri un agnello mansueto. Ora sì che conosciamo quanto fosse dolce il governo tuo, posto in confronto dell'amarezza presente. Riusciva a noi grave in addietro che una parte delle nostre sostanze pervenisse alle tue mani, troviamo adesso che tutti i nostri beni, e quel che è peggio, anche le persone vanno in preda a gente straniera!»

‎([14]‎)
La vicenda delle spoglie e Dante
Sette mesi dopo la morte di Manfredi, la tomba fu violata da Bartolomeo Pignatelli, vescovo di Cosenza, con il consenso di papa Clemente IV. Gli storici sono concordi nel ritenere il fatto derivante da un'iniziativa autonoma dell'arcivescovo, che nutriva per Manfredi un profondo odio personale; Clemente IV diede in realtà soltanto il proprio consenso, da Viterbo, a questa iniziativa‎[15]‎ e il corpo riesumato fu deposto o disperso, quale scomunicato, fuori dai confini del regno angioino, nei pressi del fiume Garigliano, in un luogo tuttora sconosciuto.

Dante Alighieri, nel Purgatorio ‎(canto III, vv. 103-145)‎, lo pone tra coloro che si sono pentiti solo in fin di vita e sono stati accolti dalla "bontà infinita" ed è ricordato particolarmente per il verso 130: Or le bagna la pioggia e move il vento.

«‎[...]‎ I' mi volsi vèr lui e guardai 'l fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo ave' diviso. ‎[...]‎
Poi disse sorridendo: I' son Manfredi,
Nipote di Costanza imperadrice
‎[...]‎
Se 'l pastor di Cosenza, che alla caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,
l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co' del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
ove la trasmutò a lume spento.»

‎(Dante Alighieri, Divina Commedia, Purg. c. III, v. 106-132)‎

Fonte:: Wikipedia


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Famiglia con i genitori
Padre
Federico II "Stupor Mundi" Hohenstaufen ‎(I36)‎
Nascita 1194 28 39 Jesi
Morte 1250 ‎(Età 56)‎ Castelfiorentino ‎(Foggia)‎
Madre
#1
Manfredi Hohenstaufen ‎(I72)‎
Nascita 26 Febbraio 1232 38 Benevento
Morte 26 Febbraio 1266 ‎(Età 34)‎
-2 anni
#2
Sorella
Costanza "Anna" Hohenstaufen ‎(I73)‎
Nascita 1230 36
3 anni
#3
Sorella
Violante Hohenstaufen ‎(I74)‎
Nascita 1233 39
Morte 1264 ‎(Età 31)‎
Famiglia paterna con Iolanda Brienne
Padre
Federico II "Stupor Mundi" Hohenstaufen ‎(I36)‎
Nascita 1194 28 39 Jesi
Morte 1250 ‎(Età 56)‎ Castelfiorentino ‎(Foggia)‎
Matrigna
Iolanda Brienne ‎(I70)‎

Matrimonio: 1224 -- Brindisi
#1
Sorellastra
#2
Fratellastro
#3
Fratellastro
#4
Fratellastro
Famiglia paterna con Costanza Aragona
Padre
Federico II "Stupor Mundi" Hohenstaufen ‎(I36)‎
Nascita 1194 28 39 Jesi
Morte 1250 ‎(Età 56)‎ Castelfiorentino ‎(Foggia)‎
53 anni
Matrigna
 
Costanza Aragona ‎(I65)‎
Nascita 1247 Barcellona
Morte 1222 ‎(Età )‎ Catania

Matrimonio: 1209
2 anni
#1
Fratellastro
Enrico Hohenstaufen ‎(I79)‎
Nascita 1211 17
Famiglia paterna con Sconosciuto
Padre
Federico II "Stupor Mundi" Hohenstaufen ‎(I36)‎
Nascita 1194 28 39 Jesi
Morte 1250 ‎(Età 56)‎ Castelfiorentino ‎(Foggia)‎
#1
Fratellastro
Corrado Hohenstaufen IV ‎(I67)‎
Nascita 25 Aprile 1228 34 Andria
Morte 1254 ‎(Età 25)‎ Lavello
Famiglia paterna con Sconosciuto
Padre
Federico II "Stupor Mundi" Hohenstaufen ‎(I36)‎
Nascita 1194 28 39 Jesi
Morte 1250 ‎(Età 56)‎ Castelfiorentino ‎(Foggia)‎
#1
Fratellastro
Enzo "Re Enzo" Hohenstaufen ‎(I81)‎
Nascita 1224 30 Palermo
Morte 1272 ‎(Età 48)‎ Palermo